UN PO' DI STORIA.
Orda Mercenaria, si ispira al territorio al quale appartiene, nel quale è nata, in un epoca in cui i confini erano mutevoli come il passare delle stagioni. L’epoca a cui ci riferiamo è il 1200/1250.
Un epoca in cui lo splendore di queste terre scatenava continue battaglie per il controllo degli scambi commerciali e il potere che ne scaturiva. Tra lotte comunali continue, Borgo di Seso era un centro di scambio tra i più incastellati, sebbene egli non fosse circondato da mura di difesa il vasto territorio circostante era per così dire, inespugnabile: era ben difeso a valle su ambo i lati del suo corso d’acqua, all’epoca navigabile anche a monte, la “Contea” era tra le più vaste di allora e al suo padrone aveva procurato non solo prestigio e potere, ma anche innumerevoli invidie.
Il Conte Gozio da Biandrà aveva un territorio che andava da Biandrate fino all’Alpe di Otro, comprendendo parecchi picchi montani con un’estensione che comprendeva tutta l'attuale provincia di Novara, escludendone la sola Novara che veniva chiamata la Piccola (all’epoca comprendeva due pieve e il castello centrale con qualche casupola intorno) e gran parte delle campagne di Vercelli che, già all’epoca cominciavano a poco a poco cadere in mano allo stesso comune che ne rivendicava la proprietà, spalleggiato dalla chiesa.
Questo vasto territorio doveva essere continuamente difeso, per cui nel corso di anni ogni punto debole era stato studiato e fortificato. A valle, sul lato destro del fiume, vi era il Castello di Vintebbio, arroccato in alto, in modo da scorgere le barche che potevano risalire il fiume portando soldati ad una distanza ragionevole per avere il tempo di dare l’allarme e attendere che esse arrivassero a tiro di fuoco. Se passavano questo primo importante sbarramento ve ne trovavano un secondo all’altezza di Aranco, meno imponente; Era una torre di guardia che serviva più che altro come attracco per le barche di merci e il ritiro della gabella che si doveva al Conte, non di meno però era arduo risalire la sponda senza i mezzi di cui disponeva la torre che collegava l’altra sponda in cui vi era il Borgo.
Continuando a risalire il fiume descritto, da questo punto in poi, oltre alle difficoltà di navigazione, ci si imbatteva poi nel castello di Agnonam, altro imponente incastellamento che fungeva da magazzino delle derrate alimentari e sede della guardia ufficiale del Borgo. Anche in questo punto, era necessario un guado per risalire l’altra sponda che conduceva sulla strada per la Rocca di Uberti, il castello del Conte.
Da sempre chiamato la Rocca Uberti, sorgeva arrampicato tra due spuntoni di roccia con una vista che poteva dominare un territorio circostante tale, da avere tutto il tempo per organizzare la difesa contro il nemico, da qualunque parte potesse provenire.
Ma il Borgo non era difeso solo sulla sponda del fiume: anche lungo il territorio ad ogni luogo in cui si poteva avere un’avanzata nemica sorgevano torri di guardia. In quel di Borgo oltre agli incastellamenti sopra nominati, vi era anche il "castellaccio", si dice fosse sede della marchesa, ma anche questo aveva la stessa funzione di quello di Agnonam.
Quindi niente mura e niente riparo per le genti che affollavano Borgo di Seso, ma gli scambi maggiori per tutta la valle si svolgevano qui, in uno spazio di terra che andava tra un guado e l’altro, gli affari migliori si sà si fanno dove si scarica la merce, non si aspetta che arrivi a destinazione col rischio che la più bella venga razziata, ecco perché malgrado il fulcro della contea dovesse essere Varade, coi suoi palazzi e chiese, per il commercio invece si svilupparono i maggiori scambi a Borgo di Seso, nacquero qui il tribunale per le contese e istituti di credito per registrare le compravendite oltre a botteghe e tutto quello che richiamava il commercio di allora.
Ovviamente il Conte che aveva il suo bel da fare a correre per i suoi confini e non poteva essere sempre presente solo qui, ecco che in questo contesto, fecero la loro comparsa i Mercenari: genti di guerra, abili nell’arte della morte e pronti a tutto per denaro e per il potere. Ingaggiati dalla Gilda dei mercanti per far difendere i loro averi, trovavano grande favore dai signorotti dell’epoca e non solo. Si dice che anche il Conte ne ingaggiò qualcuno per rafforzare il suo potere e le fila del suo esercito.
Nell’arco di cinquant’anni molte dispute si svolsero in questo posto, vinte poi su carta dai comuni di Vercelli e Novara che si spartirono il territorio con il favore della chiesa e dell’imperatore che l’appoggiò.
I Mercenari , ebbero quindi sorti obbligate: i più potenti si dovettero accontentare delle misere terre assegnateli, per altri invece vi fu l’obbligo di assoggettarsi ad un esercito di appartenenza o scegliere l'esilio, pena alternativa, la morte. Infatti l’imperatore Federico II non vedeva di buon occhio questa masnada di uomini che definiva "feccia che si proclama principe, uomini senza onore, nel più assente senso di nobiltà".
Solo intorno al 1400, i mercenari riapparvero sul territorio, furono i Lanzichenecchi, nel territorio di Novara...
...ma questa è un’altra storia.
Un epoca in cui lo splendore di queste terre scatenava continue battaglie per il controllo degli scambi commerciali e il potere che ne scaturiva. Tra lotte comunali continue, Borgo di Seso era un centro di scambio tra i più incastellati, sebbene egli non fosse circondato da mura di difesa il vasto territorio circostante era per così dire, inespugnabile: era ben difeso a valle su ambo i lati del suo corso d’acqua, all’epoca navigabile anche a monte, la “Contea” era tra le più vaste di allora e al suo padrone aveva procurato non solo prestigio e potere, ma anche innumerevoli invidie.
Il Conte Gozio da Biandrà aveva un territorio che andava da Biandrate fino all’Alpe di Otro, comprendendo parecchi picchi montani con un’estensione che comprendeva tutta l'attuale provincia di Novara, escludendone la sola Novara che veniva chiamata la Piccola (all’epoca comprendeva due pieve e il castello centrale con qualche casupola intorno) e gran parte delle campagne di Vercelli che, già all’epoca cominciavano a poco a poco cadere in mano allo stesso comune che ne rivendicava la proprietà, spalleggiato dalla chiesa.
Questo vasto territorio doveva essere continuamente difeso, per cui nel corso di anni ogni punto debole era stato studiato e fortificato. A valle, sul lato destro del fiume, vi era il Castello di Vintebbio, arroccato in alto, in modo da scorgere le barche che potevano risalire il fiume portando soldati ad una distanza ragionevole per avere il tempo di dare l’allarme e attendere che esse arrivassero a tiro di fuoco. Se passavano questo primo importante sbarramento ve ne trovavano un secondo all’altezza di Aranco, meno imponente; Era una torre di guardia che serviva più che altro come attracco per le barche di merci e il ritiro della gabella che si doveva al Conte, non di meno però era arduo risalire la sponda senza i mezzi di cui disponeva la torre che collegava l’altra sponda in cui vi era il Borgo.
Continuando a risalire il fiume descritto, da questo punto in poi, oltre alle difficoltà di navigazione, ci si imbatteva poi nel castello di Agnonam, altro imponente incastellamento che fungeva da magazzino delle derrate alimentari e sede della guardia ufficiale del Borgo. Anche in questo punto, era necessario un guado per risalire l’altra sponda che conduceva sulla strada per la Rocca di Uberti, il castello del Conte.
Da sempre chiamato la Rocca Uberti, sorgeva arrampicato tra due spuntoni di roccia con una vista che poteva dominare un territorio circostante tale, da avere tutto il tempo per organizzare la difesa contro il nemico, da qualunque parte potesse provenire.
Ma il Borgo non era difeso solo sulla sponda del fiume: anche lungo il territorio ad ogni luogo in cui si poteva avere un’avanzata nemica sorgevano torri di guardia. In quel di Borgo oltre agli incastellamenti sopra nominati, vi era anche il "castellaccio", si dice fosse sede della marchesa, ma anche questo aveva la stessa funzione di quello di Agnonam.
Quindi niente mura e niente riparo per le genti che affollavano Borgo di Seso, ma gli scambi maggiori per tutta la valle si svolgevano qui, in uno spazio di terra che andava tra un guado e l’altro, gli affari migliori si sà si fanno dove si scarica la merce, non si aspetta che arrivi a destinazione col rischio che la più bella venga razziata, ecco perché malgrado il fulcro della contea dovesse essere Varade, coi suoi palazzi e chiese, per il commercio invece si svilupparono i maggiori scambi a Borgo di Seso, nacquero qui il tribunale per le contese e istituti di credito per registrare le compravendite oltre a botteghe e tutto quello che richiamava il commercio di allora.
Ovviamente il Conte che aveva il suo bel da fare a correre per i suoi confini e non poteva essere sempre presente solo qui, ecco che in questo contesto, fecero la loro comparsa i Mercenari: genti di guerra, abili nell’arte della morte e pronti a tutto per denaro e per il potere. Ingaggiati dalla Gilda dei mercanti per far difendere i loro averi, trovavano grande favore dai signorotti dell’epoca e non solo. Si dice che anche il Conte ne ingaggiò qualcuno per rafforzare il suo potere e le fila del suo esercito.
Nell’arco di cinquant’anni molte dispute si svolsero in questo posto, vinte poi su carta dai comuni di Vercelli e Novara che si spartirono il territorio con il favore della chiesa e dell’imperatore che l’appoggiò.
I Mercenari , ebbero quindi sorti obbligate: i più potenti si dovettero accontentare delle misere terre assegnateli, per altri invece vi fu l’obbligo di assoggettarsi ad un esercito di appartenenza o scegliere l'esilio, pena alternativa, la morte. Infatti l’imperatore Federico II non vedeva di buon occhio questa masnada di uomini che definiva "feccia che si proclama principe, uomini senza onore, nel più assente senso di nobiltà".
Solo intorno al 1400, i mercenari riapparvero sul territorio, furono i Lanzichenecchi, nel territorio di Novara...
...ma questa è un’altra storia.